martedì 22 luglio 2008

La cura

Penso che Chiara abbia trovato il nome del movimento. Ad un certo punto della sua e-mail dice : “incontriamoci, stiamo insieme, prendiamoci cura degli altri, della natura”.
Questo movimento ha, quindi, un nome, un obiettivo, un metodo: la Cura. Se volete, anche un inno, molto poco marziale, la canzone di Battiato (che non credo sia solo una canzone d’amore verso una donna: Chi ha dei figli provi a cantarla pensando ad essi).
Che si tratti di un metodo (quello intorno al quale abbiamo discettato a Monte Giove), non occorre spiegarlo.
Che si tratti di obiettivi, nemmeno. E ci veniva ricordato che un movimento che non abbia obiettivi non è un movimento ma un club intellettuale.
Gli obiettivi sono due: la cura verso gli altri e la cura verso la natura (o ambiente).
Per il primo, chi ha qualche anno di più, non può non ricordare la gloriosa esperienza di Solidarnosc in Polonia. E lo dico da vecchio comunista, ateo e materialista, che non si sarebbe vergognato allora di “militare” accanto al cattolico (e sostanzialmente democristiano) Lech Walesa, rispetto al quale Darpetti è un pericoloso criptocomunista. E questo per farla finita con la querelle se siamo di sinistra o che altro siamo.
Per il secondo, parlare di Cura verso la natura è la maniera per porre il tema ambientale in termini positivi e costruttivi, uscendo dal catastrofismo inconcludente dei mille no alle devastazioni, che ha caratterizzato questi anni.
Ho il vizio di anticipare obiezioni che nessuno si sogna di fare. Me ne faccio una: un movimento della Cura ha un sapore vagamente religioso, più che politico.
La risposta è "allora va bene così". Voglio un movimento in cui una ci possa stare anche con il suo credo religioso (cristiano, buddista o taoista). Io, per mio conto, voglio straci con il mio ateismo e la mia irreligiosità, che non ho più intenzione di mettere fra parentesi.

E' una proposta

Pino Panajoli

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