martedì 22 luglio 2008

Vari orientamenti

Mi sembra evidente che tra noi ci sono diversi "indirizzi strategici" , ma forse questo non è poi cosi terribile, anzi....
direi che a prescindere dai vari orientamenti (tutti legittimi e rispettabili naturalmente), quello che ci accomuna è comunque la disponibilità ad un lavoro ed una elaborazione comune di quelli che sono i problemi sociali e del territorio.
questo non è poco! anzi....
direi che le diversità di vedute al nostro interno devono essere considerate una risorsa invece che un ostacolo.
il brain storming è tanto piu efficace quanto diversi sono i punti di vista dei partecipanti.
naturalmente un gruppo eterogeneo, ha molte piu potenzialità ma ha anche una difficoltà di gestione superiore...riusciremo nella sfida di far incontrare invece che scontrare i diversi?
se ci riusciamo avremo realizzato una base di partenza formidabile, il vero motore con cui affrontare un modo di pensare e far politica realmente nuovo.
ritengo molto positivo anche la conoscienza reciproca e lo scambio di esperienze oltre che di opinioni, a questo proposito non ho problemi a farmi conoscere.
io sono un ex cattolico (fino a 15 anni) un ex ateo (fino a 25 anni) un ex buddista (fino a 39 anni) ad oggi convinto, religione fai da te (ma non si sa mai per il futuro!).
come vedete un quache piccolo percorso l'ho fatto, e non rimpiango assolutamente nulla delle mie esperienze, ognuna contribuisce a comporre quello che sono.
come me, so che ognuno di voi ha il suo percorso, ognuno se ben utilizzato è una grande risorsa, valoriziamolo.

con profondo rispetto di tutti voi

Ermanno

Proposte per gli incontri

queridos amigos , los mails escritos por ustedes me pone de frente la realidad que vivimos hoy, todos, en el mundo occidental , esta discucion abierta en nuestro naciente movimiento dal basso , es la misma que tenemos hoy en Argentina y la misma de mis amigos en Dinamarca y en Espana. Esto me cuenta dos cosas : 1-REUNIONES ASAMBLEARIAS- que nuestras discuciones , dudas ,busqueda son plenamente justificadas y necesarias-2 - que son los mas humildes , los desprotejidos , nuestros hijos ,nuestro acerbo cultural , nustra calidad de vida actual y en el futuro ,nuestra posibilidad de influir en el proseso historico politico;las cosas que nos interesan, primea, y que vemos que cada dia van a peor.Me interesa aportar una propuesta organizativa , y ya que no voy a estar para la proxima reunion,por que vuelvo a Argentina en unos dias , lo hago a traves de este sistema. La propuesta es la siguiente:1-reuniones asamblearias para discutir tematicas generales como ser : Que significa ser un movimiento? que queremos logar con el nuestro? que entendemos por democracia? como funciona nuestra democracia? como son las organizaciones politicas que representan al pais? funcionan internamente de manera democratica? son necesarios los partidos , los dirigentes, las divisiones izquierda- centro- derecha? cual es la historia de estas diviciones? nos representan hoy? es posible una nueva forma de accion politica? existen las clases sociales? que ideologia tienen , tenemos? que es la etica? que es el medio ambiente , la ecologia, la bidiversidad ? la agricultura ecologica , biodinamica , etc?, que es el comercio ecuo- solidario , etc, etc?En estas reuniones se podria trabajar sobre textos , experincias personales, films,etc, que pueden servir de punto de partida para las discuciones 2- REUNIONES DE GRUPO- para profundizar temas y acciones de acuerdo a los intereses personales y / o grupales , planificar acciones inmediatas , analizar resultados , etc . Estas reuniones deberian trabajar sobre un orden del dia preestablecido y tener al menos tres horas de reunion general para analizar el resultado al que arribaron los diferentes grupos-3- SEMINARIOS ,SOCIABILIZACION, CONVIVENCIAS - estas reuniones serian de fin de semana , al menos dos dias .Tendrian como finalidad el profundizar el conocimiento personal ,el conocimiento general y practicar la convivialidad que une , enriquese ,afianza , hace el milagro de la vida. Para este tipo de reuniones , lugares como Sant'Anna me parecen especiales. A estas convivencias se puede invitar a otros grupos que nos cuenten sus experiencias , desarrollar actividades teluricas como paseos , teatro , mimos , titeres , etc , hacer un GAS , en fin , todo aquello que contribuya a darnos tranquilidad , felicidad, inspiracion,fuerza , coraje e ideas para construir el mundo que nuestros hijos se merecen. PERDON , PERDON , PERDON , por escribir en espanol , por ser una pesada y por amarlos ,hay amores que matan , como el mio! Gracias a todos por ser , a Andreina y Antonio por tener ese corazon tan grande! a Laura por aguantarme y quererme , a Michele y petra , por la paciencia y a todos, por que siguen luchando como lo hacen! Un abrazo fraternal - MIRTA

Destra-sinistra

io forse sono un retrogrado ideologizzato incapace di comprendere il nuovo che avanza, ma francamente non ce la faccio a trovare ormai irrilevante la divisione destra-sinistra (e qui, lo so, Gaber si sarebbe scompisciato dalle risate, ma lo ricordo con piacere perché lui più che con la sinistra se la prendeva con la riduzione della sinistra a delle parole d'ordine) o peggio ancora a scorgere una palingenetica sintesi tra le due trite posizioni, io una posizione ideale continuo ad avercela, ed è a sinistra. e se mi posiziono LÌ è perché non credo che la parola "sinistra" possa essere identificata con dei partiti, cioè riempita esaustivamente con i contenuti delle segreterie di Rifondazione + Verdi + Sinistra democratica + PDCI, né tantomeno con il PD - come invece sembra emergere dagli ultimi messaggi -, cioè con delle forme storiche, che più o meno nei termini della contingenza storica pretendono di interpretare e rappresentare dei valori. e non voglio con questo annullare qualunquisticamente il ruolo della rappresentanza politica, ritengo piuttosto che questa è sempre una realtà relativa e per le contingenze storiche può anche finire per ridurre o addirittura contraddire i principi da cui muove.
e ora arrivo al merito, senza voler insegnare niente a nessuno, e scusate se la faccio lunga e addirittura vado nell'ovvio, ma preferisco essere banale pur di chiarire la mia adesione a un movimento.
per me (e non solo per me dato che avrei il conforto di illustri pensatori, ma evito di appoggiarmi pedantescamente a dei nomi per appoggiarmi al buon senso, o, se questo può suonare troppo presuntuoso, alle mie convinzioni) sinistra significa democrazia, cioè un'dea di società basata sul principio che ogni individuo non ha solo diritti (civili e personali) ma doveri (civili e personali), e sulla condizione fondamentale che ad ogni individuo sia data l'opportunità di avere coscienza dei propri diritti e doveri, sapendo che il rispetto dei propri corrisponde a quello di quelli altrui nella pari dignità di tutti; e si contrappone logicamente a destra che significa aristocrazia, cioè un'idea fondamentalmente gerarchica della società, dove pochi avrebbero la qualifica e la delega a gestire ogni tipo di risorsa (materiale o intellettuale) "per il bene - o il male - di tutti", nell'evidente disparità di dignità fra individui. e queste, scusate, mi sembrano differenze non di poco conto.
certo, chi è convinto di poter delegare a colui che ritiene capace di risolvere i problemi ha una sua rispettabile posizione di destra, ma a me sembra che in Italia chi vota per Berlusconi più che vedere in lui quello che può risolvere i problemi di tutti, più che per uno spiccato senso della cosa pubblica, lo vota per vedersi tolta l'ICI - poi se lo Stato non avendo più i soldi dell'ICI non può più garantire dei servizi essenziali per tutti è un altro problema, e quello che non ho sborsato per l'ICI lo sborso dieci volte tanto per una visita medica non più coperta dal sistema sanitario nazionale, per iscrivere i figli all'asilo o a scuola, per prendere l'autobus ecc. -, e questo è un esempio di miope individualismo, cioè di destra.
la fastidiosa diffidenza verso il prossimo non è forse un altro esempio di individualismo?
e il modello delle letterine e veline, che squalifica la figura della donna ad una condizione decorativa, non riflette forse nei termini di una diversa importanza dei sessi il principio della gerarchia, cioè della destra?
il fatto che la gente si senta vicina solo quando gioca la nazionale di calcio non è anche questo un fenomeno, superficiale quanto volete, di destra, nel veder affermato un simbolo della propria nazione nel senso di superiorità verso altre nazioni, con la bandiera a coprire tutte le contraddizioni sociali di casa propria? (un tale - purtroppo non ricordo chi - disse che la bandiera è l'ultimo rifugio delle canaglie)
infine sulla questione della leadership, io non credo che i problemi di identità della sinistra possano avere una soluzione con una nuova - nuova ma che mi sa tanto di vecchio, visto che il decisionismo l'aveva imposto Craxi 30 anni fa (e ho detto tutto) - leadership. credo comunque che un movimento come quello "dalbasso" non possa porsi il problema della leadership, e con questo non voglio intendere che questo movimento "non possa avere alcun peso politico" per ridursi ad un'occasione "per scambiarci idee ed esperienze", anzi secondo me dovrebbe avere un grosso peso, o almeno commisurato alle proprie capacità, di sensibilizzazione verso le persone, e, in questo senso, di condizionamento delle scelte di chi è delegato a governare.
ciao
Vittorio

Precisazioni su destra e sinistra

Solo per precisare una cosa.
Personalmente non intendevo intavolare una discussione su cosa sia la destra, cosa la sinistra, dove sbagli l'uno o l'altro, ecc., anche perchè sono perfettamente conscio di aver esposto, necessariamente, una analisi molto superficiale e poco storica della faccenda. E sono altrettanto conscio che qualsiasi cosa si dicesse potrebbe essere ribaltata mille volte.
Volevo solo dire che, in questo momento e forse sempre, esiste un ventaglio di possibilità, tutte (e dico volutamente tutte, perchè ogni "fedele" considera le nefandezze commesse dalla propria parte "errori e distorsioni rispetto all'idea originale", per cui l'idea non viene intaccata. Personalmente non penso sia così, penso piuttosto che le idee hanno dovuto fare i conti con la realtà, ma questo è un altro discorso, che non apro...) con delle loro ragioni e una loro dignità.
Ora, non ci vogliamo chiamare destra o sinistra o altro, va bene, però bisogna pur condividere il punto in cui ci si vuole collocare rispetto a questo ventaglio. Sennò credo sia difficile andare già nel dettaglio.
E' anche evidente che la cosa migliore sarebbe prendere il meglio da tutto, ma io partirei dal capire qual'è il perno. Io l'ho individuato in questa tensione tra individuo e collettività, ma magari potrebbe essere altro. Personalmente ritengo sia una questione cruciale, anzi, la questione. Ma rimane una mia idea.
Scusate se, forse, il mio intervento è stato inopportuno, visto che, non essendo venuto, non conosco il punto a cui vi trovate, se non attraverso le mail.
Francesco

Sintesi tra opposti

mi complimento con Francesco che è riuscito a con il suo ragionamento a esprimere cose che anche io penso ma che non riuscivo a sintetizzare, credo che la sua analisi sia molto illuminante e fornisce un pezzo mancante al puzzle di quello che ci serve per creare qualcosa di nuovo , efficace e funzionale ai tempi che viviamo.
Anche io vorrei contribuire ( ma temo di non essere altrettanto bravo) con quello che spero essere un altro pezzo del puzzle.
Io personalmente vorrei vedere la nascita di un movimento che sintetizzi aspetti che ritengo positivi e che in passato sono stati attribuiti alla destra e alla sinistra.
i valori che vorrei salvare sono il confronto tra diversi che arricchisce, e un nuovo riformato concetto di leadership, vedo di spiegarmi meglio.
riguardo alle capacità decisionali mi sembta evidente che la migliore soluzione sia un sistema bilanciato , combinato e sinergico di due estremi; vediamo di definirli.
il primo è l'estremo che chiamero "democratico" dove la decisione è condivisa da piu persone possibili da riservare ad ambti strategici e in cui ci sia materialmente molto tempo per prendere la decisione e l'importanza dell'argomento giustifichi l' impiego di energie (tanto piu grandi quanto piu sono le persone del gruppo decisionale).
il secondo estremo è quello che chiamero " di comando", adatto a situazioni piu tattiche che strategiche.
in questo caso le capacità decisionali sono delegate nelle mani di un singolo individuo; questo è il caso in cui necessitano decisioni snelle e veloci e in cui non è opportuno dissipare eccessive energie.
per spiegarmi meglio un caso di decisione "democratica" potrebbe essere per esempio che nave comprare mentre invece sarebbe opportuno utilizzare il metodo "di comando" per decidere se con la nave passare a destra o a siniostra di uno scoglio affiorante apparso all'improvviso.
due estremi che devono convivere e dialogare, ciascuno opportuno nel proprio ambito, con tutte le sfumature necessarie per gli infiniti casi intermedi.
nella mia visione il sistema ottimale non vede tanto un estremo che vince sull'altro, quanto una trascendenza degli estremi al servizio sia dell'interesse comune ma anche della libertà del singolo in maniera bilanciata opportunamente.
sempre per fare un esempio estremo io considero gli estremi (destra sinistra, bene male, luce oscurita, ying e yang etcc.) non come contendenti di una battaglia da cui dovrà emergere un vincitore ma piuttosto come i poli di una batteria (più e meno) in cui l'opportuno collegamento dei poli permette di fornire energia e accendere una lampadina.
mi sono dilungato troppo scusate, ma non è facile esprimere certi concetti , spero di esserci riuscito.



perdonate, altra riflessione sul discorso di francesco, riguardo al fatto che alcune persone di "destra" ritengano la sola competenza sufficiente a ricoprire posizioni di comando.
qui francesaco dice una verità molti pensano effettivamente così; ma io ritengo si tratti di un ingenuo, tragico errore.
è si vero, che per "comandare" sono indispensabili competenza e attitudine ma queste sono da sole smplici abilità, al pari per fare un esempio estremo delle competenze necessarie per gestire l'energia atomica; questa può essere usata sia per il bene della comunità (centrali atomiche che producono energia) che per il bene del singolo individuo che le possiede ( costruire ordigni nucleari che danno potere) , purtroppo spesso il bene dell'individuo, quando è al comando non corrisponde al bene della collettività.
in questo caso penso sia indispensabile un qualche meccanismo correttivo.
ciao a tutti e scusate se vi annoio.

un saluto a tutti
ermanno

La cura

Penso che Chiara abbia trovato il nome del movimento. Ad un certo punto della sua e-mail dice : “incontriamoci, stiamo insieme, prendiamoci cura degli altri, della natura”.
Questo movimento ha, quindi, un nome, un obiettivo, un metodo: la Cura. Se volete, anche un inno, molto poco marziale, la canzone di Battiato (che non credo sia solo una canzone d’amore verso una donna: Chi ha dei figli provi a cantarla pensando ad essi).
Che si tratti di un metodo (quello intorno al quale abbiamo discettato a Monte Giove), non occorre spiegarlo.
Che si tratti di obiettivi, nemmeno. E ci veniva ricordato che un movimento che non abbia obiettivi non è un movimento ma un club intellettuale.
Gli obiettivi sono due: la cura verso gli altri e la cura verso la natura (o ambiente).
Per il primo, chi ha qualche anno di più, non può non ricordare la gloriosa esperienza di Solidarnosc in Polonia. E lo dico da vecchio comunista, ateo e materialista, che non si sarebbe vergognato allora di “militare” accanto al cattolico (e sostanzialmente democristiano) Lech Walesa, rispetto al quale Darpetti è un pericoloso criptocomunista. E questo per farla finita con la querelle se siamo di sinistra o che altro siamo.
Per il secondo, parlare di Cura verso la natura è la maniera per porre il tema ambientale in termini positivi e costruttivi, uscendo dal catastrofismo inconcludente dei mille no alle devastazioni, che ha caratterizzato questi anni.
Ho il vizio di anticipare obiezioni che nessuno si sogna di fare. Me ne faccio una: un movimento della Cura ha un sapore vagamente religioso, più che politico.
La risposta è "allora va bene così". Voglio un movimento in cui una ci possa stare anche con il suo credo religioso (cristiano, buddista o taoista). Io, per mio conto, voglio straci con il mio ateismo e la mia irreligiosità, che non ho più intenzione di mettere fra parentesi.

E' una proposta

Pino Panajoli

Valori di destra e di sinistra

Cari,
chiedo scusa se ancora non siamo riusciti ad organizzarci per venire da voi. Provo, però, ad essere presente "con lo spirito" qui dall'Abruzzo.
Innanzitutto per Chiara: e meno male che non sapevi scrivere...
Detto questo, vorrei sottoporvi una mia riflessione, che credo calzi a pennello con il disagio che serpeggia in alcuni interventi. Io lo attribuirei ai movimenti tellurici sotto i nostri piedi, per cui è difficile trovare un perno comune da cui iniziare a muoversi.
Chiara esprime la sua allergia verso termini quali destra e sinistra. Azzardo che la sua allergia sia causata da questa destra e questa sinistra. Ma non credo si possa prescindere da una constatazione: la verità in tasca non ce l'ha nessuno, tuttavia, il nostro sistema di valori è ... X, perchè preferiamo questa direzione ad un'altra. Credo che, senza chiarire questo elemento di fondo, diventi difficile anche iniziare a parlare del resto. Un po' come i postulati di Euclide: se non li si desse per buoni, non si potrebbe misurare neppure il tavolo da cui digito.
Per cui, vi espongo questa mia riflessione che parla di... scelte di campo. Portate pazienza...
Ci sono delle volte in cui d'improvviso si aprono degli squarci di comprensione che fanno impressione a te stesso.Ieri ho capito tutto di botto, perchè gli italiani votano Berlusconi, perchè destra e sinistra sono agli opposti ma si somigliano, perchè io odio il fascismo, perchè c'è ancora gente che crede nel fascismo e persino cosa succederà nel futuro. Ce la farò a spiegare tutto questo o mi stuferò prima?Ci provo...Le persone di sinistra non hanno capito un accidente di cosa sia la destra. Si contunua a stupirsi che gli italiani votino Berlusconi nonostante i processi e le televisioni. O, al limite, si dà come spiegazione il fatto che gli italiani siano come lui. Insomma, chi lo vota o è un mezzo delinquente o è un imbecille.Questa idea, oltre ad essere ovviamente falsa, perchè io conosco persone di destra che non sono nè l'uno nè l'altro, denota l'incapacità che ha la sinistra di capire.Il punto è che le persone di destra hanno una scala di valori completamente diversa. Loro pensano che governare non è alla portata di tutti, non qualsiasi cittadino può pretendere di decidere, ma solo chi ne ha le capacità. E chi ha queste capacità, proprio in quanto essere dotato, le userà per il bene di tutti. E il bene di tutti è più importante della morale e delle libertà dei singoli. Infatti, seppur rozzamente, chi vota a destra lo dice: l'importante è che ci risolva i problemi.Prendiamo l'esempio di Napoli. Per l'elettorato di destra non ha nessuna importanza che ci sia stata una compressione delle libertà di espressione e manfestazione. L'importante è che il capo abbia risolto un problema. Non solo. Il capo è in condizioni di risolvere il problema proprio perchè è al di sopra delle regole.Per cui è inutile continuare a strillare su Berlusconi, chi lo ha votato la sa benissimo la tiritera, ma lo ritiene "quell'uomo" al di sopra del bene e del male che ha le capacità per comandare.Alla base di questo c'è l'idea che le masse non sono intelligenti e lungimiranti, e che un politico eletto per tre anni non penserà mai al futuro (gli si può dare torto in maniera semplicistica?). Solo un uomo con certe capacità (quindi, con la licenza di rimanere anche al di sopra della morale e della giustizia. Il lodo Alfano in questo senso è illuminante!) lo farà. Ecco come si spiega il mix di Mussolini tra fascismo e socialismo. Perchè, sostanzialmente, il fascismo è una forma di collettivismo...dall'alto. Mentre il comunismo è una forma di collettivismo...dal basso. Ecco perchè sono così lontani, ma così vicini. Per entrambi il bene comune è supremo rispetto ai diritti civili e privati di ciascuno, solo che nel primo caso il bene lo stabilisce il capo, nel secondo caso il popolo.
Tra l'altro, lo stesso Veltroni è affascinato da questa concezione e lo dimostra quando addita i professionisti del no come la causa dei mali della sinistra e del paese. Ecco perchè le differenze si assottogliano sempre di più.
Invece la democrazia cos'è? E' il sistema di governo nato sull'idea che le libertà civili e private siano supreme, anche sul "buon governo". Io questo lo sento nel profondo. Ma se questa idea portasse l'umanità al suicidio? Come dare torto ai collettivisti (di destra e sinistra)? Eppure, mi ribolle il sangue al solo pensiero che non mi potrei permettere di mettere bocca nelle cose di governo perchè non è roba per me...O che mi vengano negate la libertà di espressione, parola, associazione, ecc..A questo punto, è chiaro come sarà il futuro. Premesso che le persone non vogliono rinunciare più a certi diritti, ma alla fine gli unici diritti che realmente interessano sono quelli che consentono di guadagnare e spendere liberamente, mentre per il resto lascierebbero tranquillamente fare a chi se intende. E premesso che governare richiede effettivamente competenza e lungimiranza che non puoi chiedere al salumiere sotto casa. Di conseguenza, la formula vincente sarà un mix (già sperimentato in parte da Mussolini, Hitler e adesso Cina): massima libertà in campo economico, massima autorità in campo prettamente politico.Vi piace questa prospettiva?
In conclusione, secondo me occorre scegliere: da un lato il valore supremo è la libertà del singolo (vedi America), poi via via vi sono varie sfumature, fino ad arrivare all'opposto, dove il valore supremo è il bene comune, perseguito con filosofie diverse (darwiniste nel caso della destra, illuministe nel caso della sinistra). Credo che, prima di scindersi in gruppi di lavoro che scendano nel dettaglio, occorrerebbe capire come ci collochiamo in questo arco. Non si tratta di riproporre vecchi schieramenti o appartenenze fideistiche, ma semplicemente di capire in quale prospettiva ci riconosciamo e su quali basi vogliamo costruire. Io sento come davvero decisiva questa distinzione, se volete molto più vera della distinzione tra destra e sinistra.
Il punto è che non è che chi vota "dall'altra parte" è un disgraziato, è solo una persona che ha un certo sistema di valori. Questo la sinistra italiana non lo ha mai capito o ammesso. Però è bene capirlo ed ammetterlo, perchè io non ho nessuna intenzione di trovarmi in un movimento che, come succede spesso, consideri "gli altri" tutti cretini. Va compreso che ognuno sceglie la sua parte in buona fede, e chi non lo fa in buona fede sta da una parte e dall'altra. Però, in buona fede, noi diciamo di stare LA'!
Francesco

Sant'Anna - gruppo Ambiente, territorio, agricoltura, salute e alimentazione

Considerazioni generali
Bisogna capire chi siamo e cosa vogliamo e soprattutto come possiamo incidere nell’ambito della sinistra.
Il punto di partenza dovrebbe essere cercare di capire quale è il bene comune e poi cercare di fare qualcosa per raggiungerlo (od avvicinarsi ad esso). Per porsi in posizione di vantaggio nei confronti della destra (o della non-sinistra) bisognerebbe provare a fare o a dire qualcosa di oggettivamente buono, di inattaccabile, appunto perché finalizzato al bene comune.
Il quadro di riferimento è quello di una democrazia che va perdendo i suoi connotati elementari: la prima conseguenza macroscopica è quella della rappresentanza politica, sia in termini generali (la qualità e l'etica delle persone) sia in termini concreti (le elezioni).
Parlando di ambiente, è necessario quindi capire le esigenze, le criticità, i bisogni: questo può essere fatto solo partendo dal “micro” per arrivare al “macro”.
L’impostazione delle strategie dovrebbe essere olistica, tale da considerare gli aspetti ambientali in maniera trasversale.
Per abbracciare tutti i temi del gruppo di lavoro (ambiente, agricoltura, territorio, salute, alimentazione) è opportuno partire da un argomento ben preciso e, attraverso un filo conduttore, affrontare tutti gli aspetti connessi.


Prime proposte di strategia

à È necessario imparare ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni quotidiane: bisogna quindi lavorare sugli stili di vita. Ci lamentiamo spesso che le regole del gioco no ci piacciono… allora cambiamo gioco e inventiamoci nuove regole! Un primo passo può essere quello di provare a cambiare la filiera consumo-produzione nel proprio territorio (in un ottica GAS);

à Per trovare alternative adeguate ai problemi ambientali è necessaria un’azione di analisi critica. Una prima proposta potrebbe essere quella di partire con l’analisi di un’attività produttiva (fabbrica o cava) che crea impatti sull’ambiente ma al contempo offre posti di lavoro. Attraverso questa analisi si può poi dimostrare che i “benefici” economici (soprattutto in termini di posti di lavoro) sono al di sotto dei “costi” ambientali che si verificato a carico dell’intera collettività.

à Viceversa individuare attività produttive “virtuose” (se possibile delle medesime tipologie individuate nell’analisi del punto precedente)

à la “configurazione” della democrazia, così come il problema della rappresentanza politica, possono essere affrontati partendo da un problema concreto/palpabile/visibile. Ad esempio: cava, lavoratori, silicosi, valutazione d'impatto, permessi, pressioni e condizionamenti su tecnici e amministratori, profitti, salari, perdite. Oppure, ancora: emiparesi da ictus cerebrale alla dimissione dall'ospedale, assenza di strutture riabilitative territoriali, polverizzazzione delle risorse in piccoli ospedali fatiscenti, amministratori paralizzati dal terrore di non essere rieletti, "managers" mediocri scelti per appartenenza e non per competenza. Nelle due sequenze sinteticamente rappresentate problemi quotidiani e il peso incombente di una democrazia dimezzata sono contestuali e interdipendenti.

Fare un passo avanti

Ciao a tutti!quale scribana designata del gruppo "Ambiente, territorio, agricoltura, salute e alimentazione" vi invio in allegato il breve e sintetico resoconto dell'ultimo incontro.A Sant'Anna non c'è stato tempo per approfondire i molti spunti emersi, ma le premesse già sembrano buone!Concordo con molto di quanto detto nelle ultime mail di scambio opinioni: Dal basso è qualcosa di estremamente positivo perchè dà la possibilità di condividere idee, scambiare opinioni e soprattutto di consocersi, cosa rara di questi tempi.Ora che i primi contatti sono stati presi, credo che sia importante fare un passo avanti, e continuare a conoscersi non solo attraverso il racconto (e la condivisione) delle proprie vite e delle prorpie esperienze passate, ma anche e soprattutto confrontandosi e lavorando insieme per raggiungere obiettivi condivisi.A prestogaiaPS: nell'elenco di chi aveva dato l'adesione al gruppo (che trovate sempre nel file allegato) mancano alcuni indirizzi e-mail: chiedo a chi li conocsce, di completare le e-mail mancanti
Gaia Galassi

Incontriamoci

Carissimi amici bassisti,
in qualità di donna e giovane, mi sono sentita chiamare in causa...
Premetto che non sono brava a scrivere e per questo potete tranquillamente dare la colpa al mio professore di Italiano Pino Panajoli :)
In effetti condivido un po' tutto quello che ha detto Michele nella scorsa mail.. iniziavo a perdere il filo con le varie discussioni, molto meglio guardarci negli occhi mentre condividiamo un pensiero.
E poi questa cosa che qualcuno vorrebbe farmi credere di essere un movimento di sinistra non la capisco... Cari amici, io ho ventidue anni e la politica con cui sono cresciuta (e sto crescendo), sia destra che sinistra, è proprio ciò da cui vorrei allontanarmi il più possibile.
Non ho avuto la fortuna di crescere in un contesto politico formato da leader carismatici capaci di entrare dentro la vita delle persone, ma piuttosto una politica fatta da individui lontanissimi da me, dalle mie gioie, dai miei problemi.
Dunque ne destra ne sinistra. Loro là, io qua, incompatibili.
Per molti è stata la sconfitta elettorale della sinistra la cosa che ha fatto scattare la voglia di incontrarsi in un nuovo movimento, per me invece, la sconfitta quella vera è sotto gli occhi di tutti tutti i giorni... negli sguardi vuoti di veline e letterine, nella fastidiosa diffidenza verso il prossimo, che sia un bimbo rom o il mio vicino di casa che taglia l'erba, nella tristezza di un paese dove la gente si sente vicina solo quando si vince un mondiale di calcio, nelle scelte politiche delle istituzioni della mia città che invece di servire i propri cittadini fornendo asili, edilizia pubblica e quanto altro, finanziano manifestazioni che devastano lo stomaco di tutti i giovani fanesi, ritrovati la mattina in mezzo a una spiaggia tra il vomito collettivo...So di essere cruda, ma è così; e io scusate lo voglio cambiare (anche se qualcuno nel mio gruppo a Monte Giove avrebbe voluto dissuadermi da questo, mi dispiace, ma tra i miei difetti c'è la testardaggine). Eccomi qua con la mia voglia di mettermi in gioco assieme a tutti voi.
In effetti c'è anche un'altra ragione per cui mi trovate qui, e sono i miei due bellissimi bambini. Loro sono il motore trainate di tutte le mie scelte, è sicuramente grazie a loro che credo possibile un cambiamento. Più motivata di così???
Quando ci rivedremo, ripartiamo da noi, dalle nostre vite, perchè la cosa più bella che potete darmi è farmi partecipe della vostra vita, e credo che sia così anche per voi... Liberiamoci dalle logiche escludenti. Qualcuno aveva provato a indicare questa strada a Sant'Anna, ma non è stato seguito..
Il guaio delle persone è che non riescono più a stare con le altre persone, quindi incontriamoci, stiamo insieme, prendiamoci cura degli altri, della natura.
Se devo dare un giudizio ai nostri due incontri, per me possono essere solo che positivi, è chiaro col tempo dovremo aggiustare la metodologia, ma per la sostanza è stato bello veder giocare i bambini, pranzare insieme e conoscervi.
Sant'Anna è stato utile per capire alcune cose secondo me:
-i gruppi sono il momento più efficace per far emergere qualcosa di condiviso (non significa un unico pensiero approvato da tutti, ma proprio uno sciame di pensieri che sono stati con-divisi, entrati nella testa di tutti, non riuscire a trasmettere quello che abbiamo dentro è così desolante).
-è utile dare ad ogni gruppo un tema e l'opportunità di mobilità, così una persona alla fine dell'incontro ha girato più gruppi ed è stato a contatto con più persone possibile
-sebbene la casa è bellissima, i bambini avrebbero bisogno di un luogo con più spazio e meno pericoli
-magari al prossimo incontro si potrebbe ripartire dai gruppi della mattina così come li avevamo lasciati, dato che molti discorsi sono rimasti sospesi.

Bene. Qualcosa mi sembra di aver detto, ora vi devo lasciare.
Spero di rivedervi al più presto.
Un abbraccio.
Chiara

Confusione

Ciao a tutti,Ho partecipato all'incontro di Monte Giove ma purtroppo non sono riuscito ad essere presente a S. Anna del Furlo.Devo ammettere che, leggendo gli ultimi messaggi non ho ben capito cosa sia emerso dall'ultimo incontro in cui sono stato assente.In particolare mi sono sfuggiti quali gruppi si sono creati "dal caos" la mattina.Mi permetto di sottilineare che sono rimasto un po confuso dalla diversità dei resoconti che sono girati in ml.Chiedo quindi cortesemente se sia possibile essere messi al corrente con un resoconto generale su *quali* gruppi di lavoro si sono venuti a costituire, in modo che ognuno possa dare la propria disponibilità a collaborare anche se non fosse presente a S. Anna.fosseI gruppi che ho inteso sono- comunicazione e informazione- territorio e ambiente (o qualcosa del genere)- gruppo "del fare"Mi è sfuggito qualcos'altro??Comunque sia, personalmente e per il momento mi rendo disponibile a contribuire al gruppo comunicazione e informazione.
Matteo Vitali

Sant'Anna - gruppo Comunicazione ed informazione

GRUPPO COMUNICAZIONE ED INFORMAZIONE
Partecipanti: Loris, Simone, Paolo, Michele e Petra (purtroppo non so i cognomi)
Provo a fare una breve sintesi: Michele, prima di andare via, aveva lanciato l’idea di discutere di uno strumento (giornale, sito, ecc.) che potrebbe fungere come catalizzatore per tutte le iniziative, rivolto all’esterno, ha parlato anche di una sua esperienza del passato. Dopo che è andato via abbiamo invece discusso di un mezzo informatico per organizzare la nostra discussione interna nel web, c’erano due proposte: costruire un blog, che permette a tutti noi di aggiungere testi, in modo di discutere prima tra noi ed emettere poi testi rivolti all’esterno. L’altra proposta era di costruire un sito “wiki”, con il vantaggio che ci sarebbe l’obbligo della sintesi, mentre la discussione sarebbe nascosta dietro la pagina con il testo visibile. Abbiamo anche discusso in generale del modo in cui potremmo organizzarci (anche per prendere decisioni), c’è un modo molto interessante che viene sperimentato già da un po di tempo in ollanda, si chiama Sociocrazia e purtroppo ancora non esiste niente in italiano, ma in autunno dovrebbe uscire un libro, qui vi mando due link, uno in inglese ed uno in tedesco: http://www.sociocracy.info/ http://www.soziokratie.de/soziokratie_0000.htm

Cominciamo da noi stessi

Ciao a tutti Grazie Michele per la tua e-mail, in un certo senso mi ha risvegliato. Da tre settimane leggo le e-mail che mi arrivano ma non sono capace di scrivere una sola riga. Mi sento sfinita, ho sensi di colpa, ma qualcosa mi impedisce di scrivere un resoconto e sono profondamente insoddisfatta anch'io, nello stesso tempo non voglio "tirare giù" nessuno. Concordo con il fatto che ci serve tempo per conoscerci meglio e che la fretta non ci porta da nessuna parte. Questa volta non mi sono sentita per niente a mio agio come "facilitatrice", ho fatto fatica a distinguere tra i miei bisogni e quelli degli altri, volevo contribuire col cuore e sono stata soltanto nella testa, in cerca di metter insieme 1000 pezzi. C'era chi chiedeva più struttura e chi ne chiedeva di meno e non ho espressa la mia confusione, non ho chiesto aiuto. Nonostante questo c'erano tanti spunti che mi interessavano personalmente, come il fatto di partire dal concreto e personale ed il discorso della leadership (o communityship?). Come fare allora? Ho una convinzione di fondo, ed è quella che mi fa proseguire con la "comunicazione nonviolenta" ( www.centroesserci.it ) , cioè che qualsiasi cambiamento che vogliamo vedere nella società comincia con noi stessi, con il nostro ascolto e con il nostro modo di relazionarci a noi stessi ed agli altri. Vorrei partecipare ai prossimi incontri soltanto con questo spirito. Anche a me mancava la tematica di come conciliare politica e famiglia, avevo portato mia figlia che, anche se è già grande, si è sentita un po’ persa.

Per adesso e tutto. Un caro saluto, Petra

Sant'Anna - Resoconto plenaria del mattino

Movimento dal basso
Corte di Sant’Anna del Furlo
Domenica 6 luglio 2008

Il posto in cui ci ritroviamo è bellissimo. Uno di quei posti che ti da pace.
Si capisce subito che l’orario di inizio non sarà rispettato.
Si capisce subito che saremo molti meno che a Monte Giove.
C’è qualche faccia nuova.

L’idea era di lavorare il più possibile in gruppi. Per cui si sarebbe dovuto fare un giro veloce per proporre dei gruppi.
Ma prendiamo atto che non siamo capaci di fare interventi brevi, e ogni volta sentiamo il bisogno di raccontare tutte le nostre motivazioni, fare lunghissime premesse ecc. Non tutti. In realtà i più giovani sono più concreti e concisi.
Alcuni esprimono anche dissenso rispetto alla divisione in gruppo e alla necessità di parlare poco. Ci sono idee diverse sul “modo” di discutere e di conoscersi che bisognerà affrontare.

Comunque, ecco un resoconto del giro in plenaria.
Peppe Scherpiani: credo che alla base del nostro lavoro dovrebbe esserci una riscoperta della memoria, le nostre radici, cosa c’è da salvare.
La sinistra è in crisi perché ha assorbito modelli culturali imposti.
Seconda cosa: riportare questa memoria e conservarla attraverso la scuola. Ad esempio attraverso la riscoperta di Gianni Rodari.

Pino Panajoli: continuiamo a fare un incontro di persone. Cerchiamo di capire che mondo c’è dietro ognuno di noi, cosa facciamo, quale dramma viviamo, cosa vogliamo cambiare e non riusciamo a cambiare.
Negli anni 70 nascevano continuamente gruppi che partivano da ciò di cui ci si occupava: Magistratura Democratica, Medicna Democratica, ecc. Ognuno produceva un pensiero alternativo a partire dalla sua esperienza.

Petra Quast: cerchiamo di focalizzarci su alcuni temi. Le tematiche sono tante e non possiamo occuparci di tutto. Serve anche fiducia su quello che fanno gli altri gruppi in cui non siamo.

Fulvio Tosi: nei documenti che sono giurati in lista (“Carta dei diritti del territorio” e manifesto “Un’altra politica”) ci sono già molti spunti da cui partire. Sui gruppi a me interessa il tema del territorio che già ne raccoglie tanti.
Poi dobbiamo capire anche come ci organizziamo per agire

Emanuela Giovannelli: siamo meno dell’altra volta, sia perché è luglio sia perché forse alcuni non si sono subito sentiti coinvolti.
Dalla volta scorsa sono successe cose gravi nel paese. In base a questo serve una finalità, che è recuperare spazi di democrazia.
C’è un arretramento culturale che colpirà soprattutto le donne. Quindi la questione femminile va posta.
Ambiente territorio agricoltura, ci metterei nutrizione. Starei in un gruppo come questo.

Andreina De Tomassi: molto d’accordo su questo aspetto della nutrizione, agricoltura biologica, GAS. Anche la frutta antica è memoria.

Laura Cambi: sono interessata al biologico. Difficile capire come contrastare la mentalità berlusconiana che si è imposta. Servono iniziative culturali.

Mirta Atencia: bisogna riflettere sulla democrazia, se la rappresentanza è uno strumento o se ci servono alternative.
Io preferisco le assemblee ai gruppi piccoli.

Loris Asoli. Lavoro in agricoltura biologica. Mi occupo di economia solidale. Io vorrei capire la natura di questo gruppo, le finalità, quindi può essere il lavoro sulla carta, ma sono anche d’accordo che ognuno parte da sé.

Bruno Montesi. Lavoro alla Regione servizio agricoltura. Interesse per un gruppo come questo è vedere le molte cose che mi legano ad un’idea di sinistra, ma ce ne sono molte che mi piacciono.
Mi interessa che alle elezioni amministrative del prossimo anno ci sia una presenza di Sinistra che possa stare nelle istituzioni.

Gabriele Darpetti: lavoro nel movimento cooperativo. Sull’analisi di fondo siamo d’accorso, bisogna veder se siamo d’accordo sulle priorità.

Roberto Amici: sono un medico ospedaliero. Agricoltura, ambiente, fino a salute, sono uno stesso ambito. Nel metodo farei un percorso inverso al solito. Ossia, non partiamo dai massimi sistemi, ma partiamo dalla specifico e da quello risaliamo al generale.

Ermanno Cavallini: lavoro nella cantieristica. Ci servono dei leader, il problema è la qualità della leadership che è in profonda crisi.

Alberta: mi interessa il tema della cultura, contrastare il degrado etico, sociale che c’è. Troppi hanno abdicato allo spirito critico. Cultura e formazione sono di base perché tutte le altre proposte fatte possano essere trasmesse e recepite.
Rispetto alla memoria bisogna separare la parte da salvare da ideologie che andrebbero aggiornate.

Lucilla Monaco: anche io sono per iniziare dal conoscerci bene noi come proponeva Pino. Tutti siamo d’accordo su alcuni valori e principi, ma bisogna partire dal nostro, cominciare da noi stessi.
Io sono per il fare, se conoscendoci abbiamo intenti comuni è più facile agire.

Chiara Notarangelo: d’accordo a fare gruppi tematici e all’interno partire dal personale che è molto politico. Il tema che propongo è il nostro rapporto con il diverso (immigrazione, integrazione…)

Michele Romani: sono ingegnere. Anche io credo sia importante conoscerci. La sinistra ha perso per due motivi
1) gruppo di intellettuali che ha perso il rapporto con quelli che doveva rappresentare (deboli)
2) doveva essere un catalizzatore di movimenti che vedo molto più vivi della sinistra, li vedo crescere e fare… Tutti ridotti a piccoli gruppi a sé stanti. La sinistra doveva fare da catalizzatore ma non ci è riuscita

Marco Zacchetti: sono facilitatore della Rete di Economia Solidale Pesaro e Urbino e seguo progetti didattici su questi temi. Come tematica propongo quella dei bisogni primari, alimentazione, aria, acqua.
Poi mi interessa esplorare le forme della politica che siano diverse dalle solite, dalla presa del potere ecc.

Marisa Lucciarini: mi interessano i temi dell’alimentazione e del biologico. Vorrei riuscire a far capire che c’è la possibilità di scegliere un modo diverso di fare.

David Donnini: sono un operaio ed è la prima volta che partecipo a riunioni di questo tipo. Sono d’accordo a partire da cose concrete.

Tiziana Gasparini: sto nelle donne in nero. Mi interessa il tema del conflitto inteso in senso costruttivo, saperlo attraversare. Mi ha spinto ad andare a Monte Giove il desiderio di incontrare persone diverse dalle solite. E’ importante il tema della bellezza e dell’autenticità, e dei beni comuni che non siano merce.

Fatima Morelli: ho esperienze in gruppi femministi, casa delle donne, donne in nero… Ho fatto sempre politica in questo modo. Sento un forte intreccio con il mondo del lavoro dove ci sono stati grandi cambiamenti.

Gaia Galassi: vorrei concentrare l’attenzione sul cosa e il come.
Sul cosa va bene quanto detto. Io propongo l’ambiente. Sono mamma e quindi ritengo importante il discorso di genere. Nei gruppi di lavoro occorre individuare priorità e proposte concrete.
Sul come serve una riflessione collettiva. Cosa vogliamo fare come movimento dal basso. D’accordo su stili di vita, gas, ecc. ma forse serve qualcosa di più. Va approfondito.

Carla Panatoli: faccio parte delle donne in nero ed ho una lunga militanza femminista e lunga storia di partiti. Io ho creduto negli ultimi anni di fare parte di un partito che facesse da fulcro per mettere in rete movimenti. Ma questa speranza è fallita. L’importanza di stare qui è quella di incontrare persone diverse. Condivido l’importanza della memoria purchè non diventi una bandiera e un rifugiarsi nel passato. Come tela propongo di riflettere su come vogliamo cambiare il mondo.

Valeria Rossi Berluti: sono ostetrica. Condivido che si fa politica partendo dai problemi concreti della gente e dai nostri. Mi aspetto che da qui si possa ricostruire un identikit della sinistra, i valori, le radici quello che si può condividere.

Michele Altomeni: propongo un gruppo di lavoro sul tema della comunicazione-informazione, in senso molto pratico, ossia costruire strumenti. Ma con il doppio obiettivo che questo sia un mezzo per fare rete.

Sandra Ferri: sono una ex assistente sociale e oggi gestisco un piccolo agriturismo. Sono per l’azione, mi interessano i temi che hanno a che fare con la persona, alimentazione, salute ecc.

Michele Gianni: vorrei che nascesse un gruppo sulla città di Fano, che discuta cosa fare nei prossimi mesi a Fano sul piano locale e nazionale. Un gruppo operativo che elabori contenuti e metodi di azione su quella città.

Ubaldo Gaggioli: è nato a Fano l’oratorio di San Cristoforo, gestito da volontari e genitori. E’ un esempio che si può ripetere. Quando c’è un problema, ci si organizza e si fa.

Adolfo Tagliabue: sono pensionato. Starei in un gruppo su ambiente e territorio.

Gualtiero Mancini: sono un pratico. Dobbiamo chiederci chi siamo ecc. Però poi dobbiamo cominciare a fare. Strumenti di informazione, iniziative pubbliche….

Simone Mancini: sono per la concretezza. Questo deve essere uno zoccolo duro da cui partire per allargarsi. Dobbiamo fare Informazione-propaganda. Capire perché gli operai votano altri partiti. Partire dai bisogni.

Sergio Labate: mi interessano i temi della comunicazione e delle forme della politica. Sono per la concretezza purchè compiamo azioni efficaci e non con l’ansia di agire.

Silvia Pierosara: mi interessa il tema della diversità (immigrazione, genere ecc.). Dobbiamo raggiungere le fasce più deboli della società a partire dai bisogni delle persone.

Roberto Mancini: i temi che mi interessano sono comunicazione, cultura, ambiente, territorio. In futuro mi piacerebbe fare una riflessione su un tema che la sinistra ha sempre trascurato: il ruolo dello sport, il corpo in generale. Lo sport veicola valori che sembrano neutri ma sono invece molto funzionali al sistema.
Nella memoria ci sono cose belle da salvare ma anche slogan vecchi da buttare
Un tema trasversale è l’indifferenza, la non responsabilità.
Poi ci sono i beni comuni e la difesa del pubblico.

Petra Quast: vorrei un gruppo sulla comunicazione, ma non sull’informazione. Sull’ascolto, il conflitto come qualcosa che ci può arricchire, come accettare posizioni che ci appaiono lontane da noi. Cosa è comunità come si ricostruisce, legame sociale, rapporti di vicinato.

Paolo Fanelli: lavoro per lASUR al dipartimento prevenzione, sono sociologo e infroamtico. Mi occupo di socioinformatica, ossia l’utilizzo dei mezzi per cambiare l’organizzazione, per far funzionare i gruppi ecc. Son per partire da noi, dai luoghi in cui operiamo. Starei in un gruppo sulla comunicazione, come metodi per fare rete.

Veronica Paoli: sono educatrice e cerco l’incontro tra persone diverse fuori dal mio ambiente che mi diano la forza e la capacità di lavorare in un certo modo. Ad esempio con i bambini non è indifferente come si lavora, e lavorando con i bambini quello è già un modo di fare politica.

Alla fine della discussione ci rendiamo conto che abbiamo le idee confuse come e più di prima. Allora si decide di affidarci al caos, come suggerisce il taoismo, ed infatti nascono i gruppi per aggregazione spontanea.

A questo punto però io devo andarmene per impegni familiari.

Ad ogni gruppo di lavoro viene dato il compito, oltre di discutere del proprio argomento, di:
- autorganizzarsi per proseguire il lavoro da qui alla prossima plenaria (che sarà in autunno);
- raccogliere nomi e recapiti dei partecipanti;
- stendere un verbale da mandare in rete.

Considerazioni e proposte

Ciao a tutti,

provo a fare alcune considerazioni-proposte. Per sintesi le scrivo in maniera un po' rude, ma naturalmente sono oggetto di discussione:

1) evitiamo di fare discussioni attraverso la posta elettronica, servono solo a creare conflitti e incomprensioni. Le cose che ci dobbiamo dire ce le diciamo in faccia quando ci incontriamo.

2) evitiamo di darci le pagelle e di ritenerci migliori degli altri. Impariamo ad ascoltarci e a cercare di capire cosa c'è di buono in ciò che dicono gli altri.

3) evitiamo di usare la parola "Sinistra" visto che ad alcuni non piace e comunque ha un significato diverso per ognuno di noi. Come suggeriva Luciano Benini a Monte Giove, parliamo delle cose in cui crediamo, per cui ci impegnamo, che vorremmo realizzare. Quando avremo le idee chiare su questo decideremo se è necessario trovare un nome che le raggruppi e le definisca, o se in realtà non ci serve, e se ci serve decideremo quale nome... Dal Basso non è una nuova Sinistra, Dal basso, è, appunto, dal basso. Uno dei problemi della politica è di essere basata su un mondo ad una unica dimensione, la larghezza, quella che va da destra a sinistra. La realtà è molto più complessa, di dimensioni ne ha 3 accertare, e secondo la fisica più recente anche di più... Una nuova poltiica dovrebbe fare i conti con questo.

4) Dal basso non è il processo di costituzione di una o più liste civiche. Se poi le persone che si incontrano dentro Dal Basso vorrano fare liste, candidarsi con partiti o altro lo fanno. Ma dentro "dal basso" non ci si occupa di questo.

5) Dal basso non è un movimento fanense. Ha aderenti di tutta la provincia, di fuori provincia e addirittura di fuori regione. Se i fanesi di Dal Basso vogliono creare un gruppo di fanesi lo fanno.

Detto questo aggiungo:

a) Decine di persone vogliono capire come è andata l'ultima riunione. In allegato c'è la mia parte di verbale. Ma è necessario avere i verbali degli altri gruppi di lavoro. Se non mi sono perso qualcosa è arrivato solo quello di Darpetti sul Fare. Appena possibile mandate gli altri. E mandate anche l'elenco dei partecipanti con i recapiti così aggiorno l'anagrafe. In questo modo anche quelli che sono rimasti fuori potranno aderire ai gruppi che sono nati e riprendere i fili del discorso.

b) Faccio notare una cosa: a Monte Giove abbiamo parlato molto di metodo, soffermandoci molto sulla questione donne e bambini. A S. Anna abbiamo tralasciato questa cosa. Ora rilevo che i messaggi circolati in rete da S. Anna ad oggi sono tutti di maschietti.
Personalmente sento forte il bisogno di avere un ritorno da parte delle donne e anche dai più giovani.

c) Io non sono soddisfatto. Non sono soddisfatto di come è andata S. Anna nella parte in cui c'ero. Non sono soddisfatto di come è andato l'unico gruppo di cui ho potuto leggere il verbale. Non sono soddisfatto di come va la discussione in rete. Ho l'impressione che stiamo perdendo pezzi. Che la tensione sul metodo vada scemando, e questo è uno dei motivi per cui perdiamo pezzi. E ho l'impressione che non vediamo l'ora di ripetere gli errori che hanno fatto in passato tutti i gruppi come il nostro, ossia, come non volevamo essere. Mi piacerebbe che ci confrontassimo apertamente su questo. Ma per carità non facciamo un dibattito. Ognuno parta da se, da quello che sente. Senza dover commentare quello che esprimono altri.

Un abbraccio dal basso
Michele

Brevi considerazioni

alcune brevi considerazioni sulla domenica al furlo e sul gruppo che continua a relazionarsi almeno per e.mail.
innanzi tutto mi fa piacere poter comunicare e leggervi in questa fase di spappolamento diaspora della sinistra (darpetti permettendo) o comunque di persone che condividono molte idee, comportamenti e modi di essere o stili di vita. un grazie ad andreina per l'ospitalità e per averci permesso di scoprire un angolo che merita di essere rivisto con più calma.sono passati 10 giorni e sarebbe opportuno rivedersi ancora in qualche modo magari per sottogruppi. ma dove? come? quando?
le diverse cittadine di provenienza ci impediscono di realizzare qualcosa di concreto in un luogo come qualcuno ipotizzava nel gruppo ambiente. confrontarsi in incontri e sentirci più o meno vicini per stili di vita credo sia più facile poi in autunno non escludo che si possa fare qualche iniziativa collettiva. circa le modalità della riunione condivido le osservazioni di scherpiani bisognerebbe essere più puntuali all'inizio e poter stare fino alla fine ma per esempio io la fine non potevo assolutamente. molto positivo l'aspetto gastronomico spontaneo e di qualità con una notevole varietà di alimenti che hanno mostrato anche un po' il modo di essere di ciascuno. l'aspetto culturale umano e sociale dell'iniziativa credo che sia importante ma ritengo che sia un movimento che non possa avere alcun peso politico. per far politica se si vuol fare bisogna stare in un partito, se ci si riesce, altrimenti altri modi non ci sono. ciascuno si scelga il partito più praticabile e più vicino al suo sentire altrimenti non ci si illuda di poter incidere sulla realtà amministrativa dei nostri comuni, della provincia o regione.il gruppo serve per scambiarci idee ed esperienze e a me serve molto perchè nella piccola realtà dove vivo non trovo più identità di cose da fare che con pochissime persone, insufficienti ad un confronto costruttivo.

Bruno Montesi

Differenza tra destra e sinistra

Diceva Alex Langer a questo proposito che: “oggi tutto è terribilmente più complesso. E’ assai difficile stabilire cosa voglia dire essere di sinistra o di destra oggi, e distinguere la sinistra per le sue opere, e non solo per le sue parole.
Prendiamo ad esempio la politica estera e militare – diceva lui – dove notoriamente sinistra e destra si comportano in genere come il cacciatore ed il bracconiere: fanno le stesse cose, ma si distinguono per la qualificazione nominale di quel che fanno.
Prendiamo l’insistenza della sinistra per lo “sviluppo” industriale, la crescita del PIL, le privatizzazioni”.

Venendo a noi, pensiamo a tutti i discorsi sulla necessità di nuove grandi infrastrutture (strade, porti, aeroporti). Alle città che vogliono tutte nuovi porti turistici per yacht miliardari (si pensi a Pesaro, Fano, Senigallia, Ancona), (quanti porti serviranno per attirare quanti miliardari e per il bene di chi?) o all’idea di costruire strade in Project Financing (vedi la Fano-Grosseto).

“La logica dei blocchi o di qua o di là – diceva ancora Langer – è sbagliata. Chi vuol sfuggire a questa polarizzazione forzata, sembra sempre che voglia fare il gioco di qualcun altro (dell’altro blocco, si direbbe). Ma così ci si accontenta di aver individuato una contraddizione ritenuta principale e di raggruppare in riferimento ad essa ogni cosa, selezionando tra ragioni valide e prospettive ingannevoli, tra amici e nemici, tra arretratezza e progresso. Una logica di blocco non favorisce i cambiamenti, le nuove aggregazioni, la possibilità di introdurre nuovi valori e prospettive”.

(Sono cosciente che “estrapolare una parte di un discorso” è una operazione discutibile. Fra l’altro Langer usava quelle parole per spiegare che i “verdi” non possono essere né di destra né di sinistra. Ma siccome le ho trovate molto simili ai miei attuali pensieri, le ho volute citare per dimostrare che la contrapposizione in schieramenti statici hanno sempre originato perplessità e problemi in tutte le epoche)

Gabriele Darpetti

Una campagna per l'educazione civica

Una campagna per l’educazione civica. È quello che in modo deciso, capillare, sistematico, scuola per scuola, territorio per territorio, servirebbe oggi al nostro Paese. Per seminare, in un arco di tempo ragionevole, la realtà di un’altra Italia.
Non di un’Italia di sinistra, di centro o di destra, ma di un’Italia dove la democrazia sia così genuina, pluralista e ospitale da tendere a farsi onnicrazia, secondo l’espressione profetica e gentile, quindi profondamente intelligente, di Aldo Capitini.
Non è forse vero che, quando ci chiediamo come mai un’altra economia stenti a maturare, quando vediamo il degrado della vita pubblica, quando molti si abbandonano a comportamenti antisociali, quando vorremmo debellare le mafie, giungiamo puntualmente ad affermare che sarebbe anzitutto necessaria una profonda opera di educazione civile? Eppure perché ci si limita a segnalare questa esigenza fondamentale e si resta sul terreno sterile dell’auspicio? Chi potrebbe dire che un’educazione civile e umana più adeguata in Italia sarebbe un fatto di poco conto, oppure qualcosa che non c’entra con le pratiche dell’altra economia?
Se davvero si desidera un cambiamento qualitativo, se non ci si rassegna al volto ottuso dell’Italia –quella che dà la caccia ai rom, agli stranieri, ai lavavetri e ai mendicanti, scacciati persino dalle vicinanze delle chiese di Assisi- si comprende che è possibile fare molto. Penso precisamente a una grande e diffusa campagna di opinione e d’azione per l’educazione civica. Una sorta di vaccinazione per la buona convivenza, di alfabetizzazione costituzionale, di coscientizzazione corale che comprenda il dialogo tra le generazioni, tra le culture, tra le visioni della società.
Tale campagna dovrebbe essere attuata su vari piani. Sviluppando la ricerca antropologica, psicologica, etica, giuridica, economica, sociologica e pedagogica in maniera convergente, sino a raccogliere una sintesi avanzata e organica della consapevolezza civile, costituzionale e interculturale relativa a modelli più giusti e pacifici di convivenza. Mettendo a punto strategie educative e didattiche, libri di testo e strumenti di insegnamento concretamente adottabili nella vita quotidiana delle classi di scuola e degli istituti. Formando ulteriormente gli insegnanti in tale direzione. Associandosi e coordinandosi, creando reti, una campagna d’opinione e un vero movimento di docenti che segni finalmente una svolta positiva nell’assunzione della responsabilità educativa, da parte degli adulti, nei confronti delle nuove generazioni. Non penso solo ai docenti di ogni ordine e grado della scuola e dell’università. Penso anche al mondo del volontariato, almeno ad alcune sue espressioni che possiedono un potenziale educativo molto alto e possono interagire armonicamente con il mondo della scuola. Penso all’azione culturale degli enti locali e, se si risvegliano dal letargo, anche dei sindacati. Penso anche all’azione di coscientizzazione civile e antimafiosa a suo modo già intrapresa dalle sezioni locali della Confindustria in quelle regioni d’Italia che devono subire la prepotenza della criminalità organizzata. Penso ad associazioni come Libera e Amnesty International. Penso a quelle realtà religiose –cristiane, ebraiche, islamiche o di altra confessione- che sono sensibili al paradigma della responsabilità e della solidarietà come condizione esistenziale di una fede autentica.
La frammentazione, la rassegnazione, la confusione, la passività, l’isolamento dei più volenterosi sono ostacoli che ormai devono essere superati. Bisogna fare fronte al nuovo individualismo indotto dalla globalizzazione, ma anche dalla mancata maturazione del senso del bene comune e della legalità nel nostro Paese.
Un compito del genere è assumibile sin d’ora con buone speranze di invertire le tendenze negative. Ma è necessario che quanti possono e devono contribuire a questo movimento comincino a sentire e a vedere un inedito spazio di unità d’azione, a riconoscere un orizzonte comune di senso in grado di impedire che gli sforzi quotidiani vadano dispersi. Come quando, in cuor nostro, iniziamo a credere alla primavera.
Roberto Mancini

Articolo tratto dal n. 96 – luglio 2008 – della rivista ALTRECONOMIA

LA COERENZA non è più una virtù

Il tema della coerenza sembra oggi passato di moda.
D’altra parte in una società sempre più basata sull’apparire anziché sull’essere, la coerenza – legata necessariamente più al modo di essere, ossia ai comportamenti concreti – non può che passare in secondo piano.

Anche in politica, anzi soprattutto in essa, il tema della coerenza è considerato obsoleto, o addirittura un impiccio.
Nessun politico oggi si pone concretamente l’obiettivo di essere coerente.
Eppure, tra le cause di una crescente sfiducia collettiva nella politica e nei politici, l’incoerenza tra ciò che viene detto e quello che poi viene effettivamente praticato, non può non avere una sua decisiva influenza.
Tante volte si sente la frase “conta poco quello che dicono – riferita ai politici – tanto fanno sempre tutt’altro”.

Ma perché i politici non si pongono questo obiettivo?. Innanzitutto perché la coerenza premia solo nel medio o lungo periodo; essa infatti ha bisogno di prove concrete perpetrate nel tempo, ed oggi qualsiasi politico punta ad ottenere consensi nel breve periodo. Anzi, con il meccanismo dei sondaggi, si cerca di ottenere (con effetti annuncio, eclatanti, ma spesso puramente propagandistici) consensi nel brevissimo periodo, quasi immediati.
Questi effetti annuncio sono tanto più efficaci quanto più sono “roboanti” e spesso conseguentemente anche irrealizzabili in poco tempo. In questo caso si gioca molto sul fatto che la gente ha la “memoria corta”, complici anche i mass-media, e non mette mai a confronto ciò che è stato annunciato molti mesi prima con ciò che poi viene effettivamente realizzato.

Riguardo alla situazione politica recente, soprattutto sulla sconfitta del centrosinistra alle ultime elezioni, ho sentito delle analisi molto belle ed interessanti, ed anche sufficientemente convincenti, sui problemi emersi in conseguenza di alcune operazioni o in seguito ad alcuni comportamenti, ma poi non ho mai visto un atteggiamento che prendendo atto di ciò, dicesse di volersi comportare in conseguenza ed in maniera coerente a tale analisi. E’ come se ci si fermasse un attimo prima, per paura che un atteggiamento coerente porti a delle azioni sgradite: dimissioni, cambio di rotta, ammissione di errori.
La coerenza, diventa spesso un tabù da non evocare, perché può comportare mettersi concretamente in discussione, cosa che nessuno intende fare.

Eppure, anche in politica, la storia dimostra che la coerenza paga sempre, perché anche se la gente sembra apparentemente distratta e non invoca più la coerenza dei comportamenti, come sarebbe suo diritto, o non si accorge delle numerose incoerenze presenti quotidianamente, nel profondo della propria coscienza, prima o poi riconosce il merito della coerenza a chi la pratica. Sarà un retaggio della cultura cattolica, o del senso di responsabilità civica, in passato molto più presente di oggi, ma questo prima o poi avviene.
Il risultato ottenuto della Lega Nord alle ultime elezioni politiche anche nella nostra zona è il frutto, a mio avviso, anche di un atteggiamento coerente mantenuto negli anni. Non si spiegherebbe altrimenti come le Marche, dove non c’è certamente una cultura leghista, abbiano potuto eleggere un parlamentare della Lega Nord, se non per premiare una persona, o un gruppo di persone, che negli anni ha sempre sostenuto certe idee, anche quando sembravano quasi ridicole.

Allora, a mio avviso, se si vuol rifondare la politica, ricreando la fiducia della gente in questa importante funzione sociale, non si può non ripartire che dalla coerenza tra ciò che si afferma essere i propri obiettivi e ciò per cui si lavora concretamente, rifiutando quelle mediazioni, che in politica sono la prassi, che contraddicono, appunto, ciò che si è affermato di voler perseguire.
Io sono convinto che questa sia la “strada maestra” da dover seguire, anche se porterà frutto nel medio o lungo periodo; tutto il resto sono scorciatoie che non ridaranno dignità alla politica, condannandola ad essere il “servo” di altri poteri ben più forti. Quindi torniamo a chiedere ai nostri politici questa virtù, potrebbe contribuire a cambiare le cose molto di più di quello che si pensi, io nel mio piccolo cercherò di fare il possibile.
La vita e la testimonianza di La Pira, in questo senso, sono un faro che potrà illuminare questa “strada maestra”, anche se più impervia e più difficile di altre.

Gabriele Darpetti

IL VOTO, uno dei cardini della democrazia

Secondo la definizione comunemente accettata del concetto di democrazia tra gli elementi essenziali figurano due aspetti: il voto deve essere uguale, e il voto deve essere libero.
Uguale viene inteso secondo la concezione anglosassone: un uomo un voto, e libero significa conseguenza di una scelta spontanea, consapevole, fra opzioni effettivamente diverse.

Le altre caratteristiche tipiche di una democrazia sono che i governati devono essere in grado di esercitare il controllo sui governanti, gli atti dei governanti devono essere pubblici e trasparenti, ci devono essere il rispetto di procedure prederminate, e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Ma per ora ci limiteremo ad analizzare l’aspetto relativo al voto.
A detta di Massimo Fini (nel libro “Sudditi, manifesto contro la democrazia” Marsilio edizioni), nessuna di queste condizioni è rispettata nella democrazia “reale”.

A suo dire il voto non è uguale e non è libero, e cerca di dimostrare perché.
Il voto del cittadino singolo, libero, non intruppato in gruppi, si diversifica e si disperde, proprio perché libero, laddove gli apparati dei partiti, facendo blocco, sono quelli che effettivamente decidono chi deve essere eletto.
Il voto di opinione, cioè il voto veramente libero, non ha alcun peso rispetto al voto organizzato.
Afferma lo stesso Bobbio “oserei dire che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito che le elezioni sono un rito cui ci si può sottrarre senza danni”
L’esistenza legale di lobbies e partiti è il più grave e deciso vulnus alla democrazia perché ne nega in radice uno dei presupposti fondamentali: che almeno nell’unico momento in cui partecipa realmente al processo decisionale con il voto, il cittadino sia messo su un piede di parità con tutti gli altri.

Non è un caso che i primi teorici della democrazia non facciano alcun cenno ai partiti e che fino al 1920 le Costituzioni degli stati democratici non li prendessero nemmeno in considerazione. Anche oggi, pur avendo i partiti occupato ogni ambito del settore pubblico la Costituzione italiana ne fa cenno in un solo scarno articolo, più che altro per riaffermare il diritto di associarsi liberamente. I partiti non sono l’esempio della democrazia, ne sono la fine.

In realtà nessuna democrazia rappresentativa è una democrazia, ma un sistema di minoranze organizzate che prevalgono sulla maggioranza dei cittadini singolarmente presi. E’ un sistema di oligarchie, o di poliarchie come preferisce chiamarle invece Sartori.
Rispetto alle aristocrazie storiche, chi appartiene alle oligarchie democratiche non ha qualità specifiche. La classe politica democratica è formata da persone che hanno come elemento di distinzione unicamente quello di fare politica. La loro legittimazione è tutta interna al meccanismo politico che le ha prodotte. Da qui la conseguenza che una oligarchia senza qualità, qual è quella dei professionisti della politica, non viene rispettata, e ciò ha conseguenze profonde sull’intero tessuto sociale.
Il potere che essi hanno viene percepito come arbitrario dai cittadini, i quali vi si sottomettono non perché credono nella sua legittimità o autorevolezza, ma perché lo temono o attendono da esso vantaggi, benefici, favori, clientelismi.
Il regime democratico, trasformato in un sistema di oligarchie senza prestigio e senza obblighi, si presta alla corruzione morale e materiale, sia delle stesse oligarchie che dei cittadini.

Questo porta al concetto che il voto non è libero e il consenso è truccato.
Noi non scegliamo i candidati alle elezioni, perché gli scelgono i partiti, che scelgono pure che deve essere eletto e quindi chi deve rappresentare i cittadini. Il sistema elettorale maggioritario completa l’espropriazione del potere dei cittadini e la rende sfacciata, perché il capo del partito di maggioranza della coalizione, sceglie anche i collegi sicuri per i partiti alleati e quindi sceglie anche chi deve essere eletto per gli altri partiti.
Se il cittadino non può decidere i propri rappresentanti, esso può però almeno decidere fra diverse opzioni, fra diversi partiti, fra diverse politiche, fra idee diverse: Ma neppure questo è vero.
Il potere democratico si basa, più di qualunque altro sulla parola. Nessuno riesce a controllare se da un annuncio alla costruzione della politica in esso previsto ci sia stata effettivamente coerenza, sia per la complessità dei percorsi, sia per il tempo che passa tra un annuncio e la sua effettiva realizzazione. Inoltre ci si mettono di mezzo i mass-media ad aumentare la confusione, anziché aiutare i cittadini a capire. In più molto spesso tali mezzi “definiti appunto strumenti del consenso”, sono controllati dalle stesse oligarchie politiche, o da oligarchie economiche collegate a quelle politiche in un intreccio poco rassicurante.

Il flusso del consenso non va quindi dal basso verso l’alto, come vorrebbe la teoria democratica, ma dall’alto verso il basso, per il condizionamento dei media.
Che anche l’alternanza al potere sia una delle tante finzioni di cui si nutre la democrazia è particolarmente evidente nei sistemi bipolari o bipartitici, composta da un indifferenziato ceto medio, dove tutti i partiti sono a favore di quel libero mercato che, insieme al modello industriale, è il meccanismo che detta le condizioni della nostra esistenza.
In mancanza di vere alternative questo enorme ceto medio si divide fra destra e sinistra con la stessa razionalità con cui si tifa Milan o Inter.
Infatti vinca il Milan o l’Inter è sempre lo spettatore a pagare lo spettacolo. Quanto ai giocatori, ai vincitori andrà la parte più consistente del bottino, ma anche ai perdenti non mancheranno consistenti premi di consolazione.

La classe politica è in pratica l’unica classe rimasta sulla piazza, è una nomenclatura il cui obbiettivo principale è l’autoconservazione, il mantenimento del potere e dei vantaggi che vi sono connessi.

Gabriele Darpetti

Gruppo del Fare

I questo gruppo si sono ritrovati Emanuela Giovannelli, Michele Gianni, Lucilla Monaco, Gualtiero Mancini, Ubaldo Gaggioli, Michele Romani, Ermanno Cavallini, Alessandra Ferri, ed il sottoscritto Gabriele Darpetti.
Le cose principali dette durante la discussione del gruppo sono state:
Ermanno Cavallini – oltre a fare il falegname nel settore della cantieristica navale, ho delle competenze aeronautiche, ed ho presentato un progetto per la valorizzazione dell’aeroporto di Fano, con annesso parco, in chiave turistica.
Gualtiero Mancini – il gruppo deve avere una visione sociale ma anche politica, proponendo dei temi da affrontare in convegni di approfondimento ed a cui invitare tutte le altre associazioni e movimenti interessati al tema, per promuovere lo spirito di rete. Io personalmente ho collaborato alla proiezione del film “Zero” di Giulietto Chiesa a Fano, e mi sono mosso in questa ottica.
Lucilla Monaco – occorre mettere a punto un piano di attacco: ad esempio si va nelle scuole, si va presso altre associazioni, a proporre temi in cui tutti possano concretamente fare qualcosa o tutti possano dare il loro contributo. Se si parla di pulizia di un luogo degradato, ad esempio, si va tutti insieme concretamente a pulirlo. Io, inoltre, mi occupo anche di teatro, e anche questo potrebbe essere uno strumento utile a coinvolgere le persone.
Michele Romani – Io preferirei individuare alcune problematiche in cui l’Amministrazione di Fano sta sbagliando e su quelle fare delle battaglie concrete, coinvolgendo tutti coloro che oggi sono sparsi, ma la pensano allo stesso modo.
Gualtiero Mancini – per essere più efficaci nella nostra azione, dovremo però diventare una associazione che abbia una sua visibilità e riconoscibilità. Solo così potremmo essere attrattivi ed avere possibilità di interloquire con altri soggetti.
Ubaldo Gaggioli – sono d’accordo con Michele Romani sulla necessità di creare un coordinamento, e di darci una identità precisa. Dovremmo inoltre puntare a coinvolgere le numerose associazioni di volontariato, che fanno tante bellissime cose, perché occorre tradurre i nostri sforzi in un movimento unitario.
Lucilla – Occorre innanzitutto ricreare il senso civico, la responsabilità collettiva sulle cose.
Michele Gianni – Le circoscrizioni di Fano, non hanno svolto efficacemente il loro ruolo, perché non si sono opposte, coinvolgendo adeguatamente i cittadini, alle “brutture” che stanno avanzando. Un esempio sono i 30 appartamenti che verranno costruiti a Fano2 nell’area verde. Nel PRG ci sono cose eclatanti, ed i cittadini di quei territori che vengono massacrati non hanno voce. Anche se la maggioranza delle persone è contraria, queste persone non hanno rappresentanza, non hanno nessuno che da voce alle loro proteste. Allora noi dobbiamo dare voce alle ingiustizie, coinvolgendo tutto l’associazionismo impegnato per fare massa critica.
Alessandra Ferri – unire tutte le associazioni è abbastanza difficile. Per fare qualcosa insieme è importante conoscersi e riconoscersi in obiettivi comuni. Non serve fare un’altra associazione, ripartiamo dalle cose concrete, individuiamo un luogo permanente in cui incontraci a discutere ma anche a decidere quali azioni fare come immediata conseguenza.
E’ bella per esempio l’idea dell’oratorio di San Cristoforo, che portava come esempio Ubaldo, perché è un luogo fisico, dove ci si può ritrovare per fare tante cose, anche piacevoli e distensive, da cui ripartire per fare delle azioni concrete. A Fano altri luoghi potrebbero essere Casa Archilei, Montegiove, ed altri.
E’ importante, inoltre, programmare anche delle azioni educative verso i giovani ed i bambini.
Emanuela Giovannelli – abbiamo idee abbastanza convergenti su molte cose, ma una volta che le abbiamo meglio definite, dobbiamo decidere come “far valere” queste cose. In sintesi dobbiamo valutare come portare i problemi, e le soluzioni che noi proponiamo, nelle sedi Istituzionali competenti a risolverli. Occorre fermare concretamente le cose sbagliate con azioni politicamente incisive, altrimenti mentre noi parliamo gli altri le faranno ugualmente. Occorre essere presenti dove si può incidere, questo secondo me è un tema su cui discutere.
Gualtiero Mancini – individuiamo dei temi da proporre ad approfondimenti e poi a delle azioni di contrasto a tutte le altre associazioni.
Lucilla Monaco – io vorrei che partissimo dalle cose in cui possiamo tutti noi dare esempi concreti di reazione pratica.
Alessandra Ferri – le azioni concrete sono anche quelle che aiutano a costruire il gruppo.
Io, Gabriele Darpetti, ero l’ultimo, ed essendo il tempo di discussione ormai finito, sono riuscito solo ad accennare i temi che avrei voluto trattare: io penso che la democrazia sia in pericolo, si stanno restringendo gli spazi di partecipazione civile alla cosa pubblica, c’è mancanza di informazione e trasparenza, elementi necessari per partecipare, si va verso una sorta di pensiero unico che il bi-partitismo alimenta, tutti accettano passivamente la logica del “voto utile” che è il contrario della democrazia. Occorre fare qualcosa, ed occorre farlo con comportamenti diversi e più coerenti rispetto a quello che abbiamo fatto sino ad oggi. Ma noi siamo d’accodo sugli obiettivi di fondo?, siamo d’accordo con i metodi da seguire, siamo d’accordo sulle priorità? (alcune di queste cose le aveva già dette in rete anche Pia Miccoli). A me pare che questi temi di fondo non li abbiamo affrontati, e sarebbe opportuno farlo il prima possibile.

Rapporto immigrati-istituzioni

Inquadramento del rapporto immigrati-istituzioni
Prime note

Nell’intento di contribuire alla realizzazione di un secondo appuntamento seminariale organizzato da Laboratorio Marche e dall’Assemblea Legislativa delle Marche, intendo precisare che il contributo risentirà, nel bene e nel male della mia impostazione. Ho lavorato in qualità di responsabile della commissione migranti di PRC, e attivista fra i fondatori della Rete Migranti “Diritti Ora!”negli ultimi 5 anni.
I passi da cui si muove lo studio presentato a Pesaro evidenziano la necessità di un rapporto accurato e continuativo con gli agenti, mondo della formazione, Terzo settore, mondo del lavoro, pubblica amministrazione. Mi trovo d’accordo perché è più che mai tempo che vengano superate le visioni, e di conseguenza le azioni, assistenziali che tendono a mantenere gli immigrati in un mondo a parte, che non spaventi noi e non metta loro troppi grilli in testa.
Senza dilungarci su termini quali “inclusione”, “modello anglosassone”, “modello francese”, “multiculturalità”, il punto oggi è questo: siamo di fronte a fenomeni strutturali, e dobbiamo affrontarli come tali. L’immigrazione cambia la vita a chi viaggia, ed a chi è visitato. Per conoscere i rapporti fra immigrati e Regione Marche è necessario chiedere informazioni sia ai nuovi cittadini che ai vecchi, tanto le loro vite sono ormai cambiate. Rivolgere la necessità di sicurezza, ovvia, verso vie d’uscita durature, nelle quali si trovi la più alta soddisfazione per la maggior parte delle persone. Altrimenti si rischia di andare incontro ad errori imperdonabili: siamo già in presenza di operatori sindacali, del terzo settore, amministratori circoscrizionali e di sportelli del lavoro che colgono appieno la necessità di fare incontrare le esigenze delle nuove generazioni, e dei migranti, col mercato delle opportunità, e di contro registriamo comunità e gruppi di migranti che preferiscono inserirsi nelle nicchie della società ed accettarne le peggiori forme, senza chiedere democrazia e partecipazione.
Procediamo con alcuni esempi: leggendo le pagine del Corriere Adriatico di oggi, 11 luglio 2008, pagina di Ancona, si nota la contrapposizione del titolo con il testo dell’articolo. All’allarmismo di <<>>, riferito ai residenti del Piano, quartiere popolare di Ancona, segue una serie di interviste che evidenziano l’ingresso dei migranti nelle strutture lavorative, conservandone il tenore prevalentemente mercantile, denunciano la scarsità di poliziotti rispetto al numero di turbolenze, ma poi descrivono gli stessi come portato di una economia con pochi sbocchi lavorativi e necessità di strutture d’aggregazione e discussione dei problemi, tal e quale come avviene per gli italiani di origine. Il Piano ha 3038 stranieri residenti, , che sono il 12,5% di tutti, ed il 45% di quelli che risiedono in città , a rappresentanza di 62 etnie. Assumendo le caratteristiche dell’inchiesta, gli altri articoli narrano le presenze a scuola, i desideri dei genitori, simili a quanto raccolto negli studi sulle seconde generazioni ( vedi studi dell’Università Politecnica delle Marche) ed infine gli sforzi degli amministratori di circoscrizione, considerati da più parti attivi ed efficaci.
Abbiamo così individuato alcuni dei soggetti da includere, da far parlare, nel nostro lavoro: gli italiani che più percepiscono il fenomeno, amministratori, negozianti, vigili urbani, insegnanti soprattutto inferiori, sindacalisti, operatori di sportello, articolati fra chi convive con i migranti tutto il giorno e chi li affronta come operatore. I soggetti, così considerati osservatori privilegiati, saranno i più utili a dare suggerimenti e, oltre a raccogliere dati, hanno dalla loro la passione, la motivazione a lavorare per un trattamento più equo. La motivazione prima è, secondo me, non tanto l’adesione ideologica ad una politica d’inclusione, quanto la constatazione che la reciproca sicurezza e il non spaesamento, sono la base della convivenza condivisa e progettata assieme. E’ derivata da una più larga ricognizione anche la spinta ad implementare i provvedimenti presi dalle varie amministrazioni: la provincia di Ancona si prepara a gestire dei bandi (docup) sulla formazione migrante, le cui linee guida, preparate dalla regione, rischiano di non essere congruenti, cioè chiedono dei limiti e delle caratteristiche dell’utente che sono inutili se non dannose. Questo avviene spesso, e non è un buon incentivo alla buona amministrazione la dispersione di denaro pubblico. Alcuni incontri conoscitivi chiesti dalle associazioni dei migranti individuano queste disfunzioni, ma non hanno titolarità per intervenire, ovviamente. Le comunità migranti, costruite su base di nazionalità, mancano di una presenza utilizzabile all’interno delle istituzioni, che peraltro prevedono un loro ruolo consultivo.
Non è però nostro compito, se vogliamo indirizzare degli studi statistici e rafforzare le istituzioni, fare di tutto: alcuni suggerimenti possono venire, ma se le istituzioni vengono vissute come foriere solo di finanziamenti a pioggia e non di partecipazione, le colpe vanno divise a metà. Poi, chi vuole da entrambe le parti più coinvolgimento, deve fare delle proposte, anzi le deve fare da una parte comune, interetnica. Imprenditoria migrante, diversa da quella che viene concessa, se possibile progettata: la autocostruzione proposta come fonte di sicurezza non sarebbe un cavallo di troia nel flagello delle morti per lavoro, e del lavoro senza programmazione come edilizia ed infrastrutture?
E di conseguenza sarebbe uno strumento di governo del territorio: prevenzione della paura attraverso la conoscenza dei vicini di casa, e corrresponsabilizzazione degli attori che vanno ad occupare il territorio.
Spostandoci dal terreno della formazione a quello dei servizi, altrettanto basilare per il soddisfacimento delle reciproche esigenze di avvaloramento sulla zona, una figura che tutto comprende e nulla risolve così com’è concepita è quella del mediatore. Il mediatore, culturale, linguistico, sanitario, non ha una declaratoria nazionale né regionale. Figura di informazione, democrazia, assolve compiti di aiuto al vigile urbano, all’infermiere, al volontario generico ed al socio lavoratore di tante cooperative di servizi che, propriamente e impropriamente, puntellano quando non interpretano al meglio le nostre aspettative distato sociale. Ma senza albi regionali, provinciali, o piuttosto un melange di tutto ciò, i mediatori sono terreno di scorribande di formatori, veri e sedicenti, e sono la figura professionale e le implicazioni formative a prendere il posto del servizio che si deve assolvere.
Sarebbe interessante, mentre i ministeri si stanno interessando con le regioni a dare degli status a questa figura, conoscere chi e per cosa è utilizzata nelle Marche, chiedendolo all’ASUR, alla Regione, alla Azienda Sanitaria Regionale, alla medicina del lavoro, al servizio di epidemiologia, che molto si è impegnato a regolamentare ed a costruire un ponte fra assessorati.
L’immigrato è figura alle volte di attore ed alle volte di pubblico, o utente, negli interventi di promozione dell’agio e riduzione del disagio. Interesserebbe non poco stabilire con criteri statistici quanti musicisti fanno e quanti godono delle varie forme di musicoterapia, di animazione (Hotel House, associazione di Petriano, musica e terapia con Maurizio carbone a Mcerata). L’emersione della musica non regolarmente retribuita sarebbe interessante anche per il cammino della legge sulla musica non colta nelle Marche, senza volerla risolvere oggi. Il punto è pensare gli immigrati come protagonisti non solo di attività ripetitive e marginali, ma propositori, il che li affrancherebbe non poco dallo spoliamento.



Ancona, 15 luglio 2008

Marcello Pesarini

Considerazioni su Integrazione e inclusione

Riprendo a rispondere da quest'intervento, sul cui linguaggio mi ritrovo. Sono Marcello Pesarini, ho partecipato all'incontro di Montegiove ma non al secondo. Ormai sono anconetano, e se appartengo al giro che ha organizzato il primo incontro, ciò è solo perchè ho vissuto 35 anni a Pesaro, e lavoro con Michele. Ma le distanze sono distanti. Propongo perciò, seguendo il modus di Roberto Amici, di costruire un "camera di consultazione" fra noi anconetani e maceratesi, come Gabriele, Sergio Labate, alcune ragazze di Fabriano, io e Nicoletta di Ancona, ancora Emanuela di Fabriano, etc. Poichè le cose di cui mi interesso maggiormente, sociale, migranti, carceri, sono ancora molto ad appannaggio degli addetti ai lavori, ed almeno a livello informativo devono uscire dall'approssimatezza, vi giro con molta immodestia un mio ragionamento che proporrò ad alcune figure della Regione, dove lavoro, per dare loro un contributo critico su come impostare seminari sull'integrazione ed inclusione. Il primo si è proprio svolto a Pesaro, nel quasi vuoto di presenze, visto l'orario, 9 di mattina di mercoledì. Le osservazioni che qui estendo sono rivolte a chi vuole costruire i seminari a seguire, ma poichè i limiti che tutti abbiamo spesso si toccano, potrebbero essere utili anche per noi"dal basso". Amici e compagni sotto al Cesano che ci siamo visti il 25 maggio, se ne può parlare fra di noi?
Marcello